Ricominciamo
Ricominciamo. E lo facciamo con la stessa forza con cui lo gridava Pappalardo.
La Supercoppa LNP è la prima occasione per vedere in campo la nuova squadra del basket a Torino, e il campo è proprio quello che, chi più chi meno, abbiamo rimpianto tutti la scorsa stagione: si torna al Ruffini.
Le emozioni sono tante, è come tornare a casa e “anche così è stato breve il nostro lungo viaggio”: siamo passati dal Paradiso all’Inferno in pochi mesi, abbiamo superato la tempesta e ci sono stati dei caduti, come è subito chiaro dal momento in cui non si notano giacche eccentriche in parterre.
Mi sono seduta al posto di sempre, sul mio seggiolino blu, e intorno a me ho visto tante facce familiari, nostalgici come me che pensano si possa ricominciare partendo dallo stesso posto di prima, speranzosi per il futuro ma con un occhio al passato.
Quando la squadra ha fatto il suo ingresso sul parquet ho ringraziato il fatto di avere gli occhi lucidi per via della febbre, ammetto di essermi emozionata: volti nuovi, un roster di qualità e che sono certa ci farà divertire ma allo stesso tempo la prova tangibile del fallimento di ciò che eravamo prima, della retrocessione in A2, del cambiamento totale.
Quel peso sul petto si è sciolto quando la partita è cominciata ed è tornato l’entusiasmo, come è giusto che sia durante un derby: Torino - Biella non si smentisce mai, con cori, sfottò, insulti e il ricordo ancora vivido di quando qualche anno fa Amoroso fece il gesto del violino sotto la curva avversaria facendo imbestialire Voskuil.
Ma tornando al presente, si comincia con un canestro funambolico di Cappelletti, due stoppate mostruose di Diop, le triple di Mirza Alibegovic che non vedeva l’ora di alzare la sua cornetta per dire al pubblico “sono tornato e sono il vostro capitano”.
La gara non è mai stata in discussione, con dispiacere di Paolo Galbiati tornato come avversario ed accolto da eroe: un bel gioco veloce impostato da coach Cavina, una buona difesa con un calo fisiologico di attenzione nel secondo tempo. Giocatori solidi come Toscano, utili come Pinkins, fantasiosi come Marks e Cappelletti, potenti come Diop: nel momento in cui ha mostrato i muscoli dopo la tripla di un compagno una scossa di terremoto ha travolto Sardara, facendolo dubitare del fatto di lasciarlo a Torino e di non riportarselo a Sassari.
Usciamo dal palazzetto soddisfatti, pronti a ripartire con un nome diverso dal quello che abbiamo nel cuore ma sempre presenti a sostenere il basket a Torino, perché nulla riesce a farci sentire vivi come questo sport.
Photo credit: Fotoracconti.it
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