Canestro e Fallo: Una settimana da Auxilium
La settimana della Fiat vista con gli occhi di Francesco Bugnone
UNA SETTIMANA DA AUXILIUM
Contro Varese mi consumo le unghie fino ai gomiti.
Stanno facendo la partita della vita, ma rimaniamo agganciati.
Il mio finale è molto anni ’90: orecchio attaccato alla radio e sofferenza gastrica.
Solo il fatto di avere persone in macchina, mi impedisce di fare caroselli a fine gara: final eight di Coppa Italia, quinto posto attaccati al treno di testa in Serie A, Top 16 di EuroCup, palazzetto pieno in campionato. Siamo grandi.
La sera, a una cena, a un certo punto si va di karaoke e canto “Una canzone d’amore” pensando a Patterson.
No, scherzo, pensavo a una che mi piace e non mi caga.
No, scherzo, pensavo a Patterson.
Va beh, a entrambi.
Vado a letto, chiudo gli occhi e penso che sarebbe bello avere Banchi che mi dà dettami tattici nella vita di tutti i giorni.
“Caos Torino: Banchi si è dimesso”.
Il cellulare che un esterrefatto collega mi sbatte davanti dice queste parole.
Trasecolo.
Due ore alla pausa: c’è tutto il tempo perché venga fuori che è uno scherzo, quando riaccenderò il cellulare.
Pausa. Accendo il cellulare. Non è uno scherzo.
Renato Zero direbbe: com’è lontano ieri.
Incominciano voci, rumors, liti sui social, petizioni, #iostocon, “meno male che siamo praticamente salvi”.
Io penso solo che una delle poche cose a funzionare e a dare soddisfazione in quest’anno un po’ così si è inceppata.
Comunicato di due righe della società. Si parla degli attriti fra il coach e la proprietà, soprattutto con Francesco Forni. Si parla di Pozzecco e Pancotto. Si parla.
Mentre penso a come potrebbe essere avere in panchina uno che sclera più di me (Poz), spunta anche la voce Recalcati.
Vado a letto, chiudo gli occhi e parte “I’ll be missing you” con le immagini di Banchi che carica il pubblico contro il Bayern.
Arriva Charlie.
E cosa puoi dire?
L’ho sempre amato. Come fai a non amarlo.
Poi fa la conferenza stampa, da solo, e quello che dice è puro buonsenso. Un raggio di speranza.
Elogi e rispetto per Banchi e il suo lavoro. Continuità.
La strana sensazione di mancanza sportiva incolmabile per chi hai perso e di sollievo visto che chi è arrivato era quello che ci voleva. Di essere caduti, ma, tutto sommato, caduti bene.
Nel frattempo, pare arrivino messaggi privati su Facebook in cui il vicepresidente dice la sua.
“Vuoi venire in cam?”
No, va beh, questo no, però avrebbe fatto ridere.
Più o meno.
Vado a letto, chiudo gli occhi e penso alle definizioni di “surreale” e “contraddizione”. Ha i colori gialloblù.
Il “Ruffini” chiama.
Gara fondamentale di Eurocup contro il Lietuvos Rytas Vilnius: vincere per sperare di andare avanti.
Sugli spalti ci sono i lituani. Ma, soprattutto, sbucano le lituane.
Madonna, le lituane.
L’occhio vaga fra il campo, dove Vujacic segna in ogni modo possibile, e la ricerca di teste bionde nelle vicinanze.
La sensazione che si voglia fare forzatamente come nulla sia successo e invece è successo.
Prendiamo un buon vantaggio, ma gli avversari si avvicinano.
Però magari chiamalo un timeout, Charlie.
Palla del pareggio: airball. L’inerzia torna nostra.
L’idea è che siamo così talentuosi che, nonostante una situazione destabilizzante come quella venutasi a creare, rischiamo di tenere botta e di continuare a far bene.
Spoiler: Brindisi smentirà tutto.
Comunque, un briciolo di serenità. Anche più di un briciolo. Stiamo già facendo i calcoli per i risultati che ci servono per passare. Mado’, le vinciamo tutte.
Vado a letto, chiudo gli occhi e vedo le lituane.
Domenica: torna il campionato.
Contro Brindisi.
Contro Vitucci.
Sembra la sceneggiatura di un film: vuoi vedere che?
Arrivo in ritardo, mi perdo il nome di Frank masticato (meno male).
Arrivo e iniziamo a rimontare: ah, ah, ah, hanno aspettato me per cominciare a giocare.
Intervallo con un buon vantaggio: tutto sembra confermare la paradossale sensazione di metà settimana.
Terzo quarto.
Sbagliamo qualcosa di troppo. Loro si avvicinano.
Sorridiamo comunque: “dai, ricominciamo a giocare, eh”
Risbagliamo. Si riavvicinano.
I sorrisi diventano paresi.
Vanno a meno tre. Deron sbaglia la rimessa. Tripla Moore: parità.
Si continua con questo fantastico momento in cui noi non la mettiamo mai e loro sempre: parziale di 19-0.
Non sento la musichetta di “Scherzi a parte”, quindi mi sa che è vero.
Garrett, Patterson, Iannuzzi, Washington seduti nei momenti clou.
La ciliegina: un paio di fischi un po’ così. Un po’ tanto così.
Servirebbe Traci McGrady contro gli Spurs, ma non è venuto.
Devo anche sentirmi cantare nell’orecchio “Avete solo la nebbia” dai brindisini, che era già vecchia negli anni ’90.
Per un attimo penso che Thomas abbia fatto bene a toccarsi le cosiddette, la domenica prima.
Tra l’altro, Thomas ci ha messo una settimana a spiegare il gesto con una story su Instagram, che alla terza riga faceva già rimpiangere di essere nato.
Vitucci compie la sua vendetta, il futuro è cupo.
“Could restart again, please” di Jesus Christ Superstar unico stato d’animo possibile dopo questi sette giorni.
L’irrazionale speranza di un nastro che si riavvolge, spazzando via l’ego dei protagonisti di questa brutta vicenda.
Vado a letto, chiudo gli occhi e c’è Moore che segna triple da ogni dove. Erano meglio le lituane.
Forza Torino.
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