Hollins, l'uomo che imparò ad amare il basket a Boston
L’Nba, l’amore per il basket, l’atletismo e il futuro di Torino. Ryan Hollins non è un personaggio “banale”, ben diverso da come era stato dipinto da chi la pallacanestro la conosce: profondo, sorridente, convinto dei propri mezzi. Sentirlo parlare di NBA, dei Boston Celtics, di NCAA, regala emozioni uniche per chi ama la pallacanestro: le stesse emozioni che sperano di vivere i tifosi della Fiat, che in Hollins ripongono molte speranze di agguantare i playoff. “Sono molto orgoglioso di poter contare su un campione come Ryan per la corsa playoff” ha spiegato con un sorriso sincero e non di circostanza il presidente Forni, raggiante per aver inserito un atleta di questo calibro: “Abbiamo scelto Hollins, al di là degli infortuni, perchè crediamo che si potrà inserire anche in prospettiva futura con il rientro di DJ White”. Tanto più se si considera che Dj potrebbe tornare a “mettere musica” nella sfida di domenica con Cantù. Anticipiamo l’intervista che sarà pubblicata domani mattina: tre “chicche” che non possono far altro che invogliare il lettore ad alzarsi presto e gustarsi l’intervista completa. Sempre su Basket su Torino, naturalmente. - Pronto per l’esordio di domenica? “Curioso il fatto che esordirò contro Cantù, in cui gioca JaJuan Johnson: l’ultima volta siamo stati in squadra insieme, a Boston (sorride, n.d.R.)”. - Qual è il ricordo più bello della tua carriera NBA? “I più bei ricordi della NBA sono relativi alla stagione che ho disputato a Boston. Campioni come Paul Pierce, Ray Allen e Kevin Garnett mi hanno insegnato che non si gioca solo per il denaro, ma anche per amore del basket”. - In un’intervista hai affermato di essere migliore della metà dei centri NBA. Confermi? “Certo, ne sono ancora convinto. Il basket americano è anche una questione di business non per forza giocano i migliori. Fanno giocare spesso i giovani su cui puntano mediaticamente. Oggi ho la testa che pensa, ma corro e salto allo stesso modo in cui facevo quando ero giovane”. - Come mai si è interrotta la tua carriera NBA? “Avrei potuto avere, con pazienza, altre opportunità in NBA, ma mi piace giocare a basket, non mi piace allenarmi, rompermi le ossa e fare pesi da solo. L’Europa è una grande opportunità per me e la mia famiglia di incontrare nuove persone, di vedere posti nuovi”. - Cosa puoi portare a questa squadra? “Stoppate, corsa, schiacciate, rimbalzi, energia per i miei compagni” - Come mai è finita anzitempo la tua avventura in Spagna? “Molto sorpreso di aver giocato poco nel campionato spagnolo, ci sono sempre paure quando si va in un nuovo paese, come succede con gli Europei in NBA. La maniera di giocare in Spagna è diversa, anche il modo di allenare: loro sono molto orgogliosi di come intendono la pallacanestro, spesso è anche più importante invece che vincere una partita la maniera in cui tu la vinci”. - Come pensi di integrarti con DJ White? “Credo che DJ sia più entusiasta di me che io sia qui. Dj e Jamil sono grandi attaccanti, tiratori, ma avranno bisogno del mio aiuto. Sono bravo a rollare veloce, aprendo spazi per il tiro degli esterni”. - Come stai? Sei già pronto? “Sono all’80%, ma posso giocare 40 minuti. Sono un giocatore molto atletico, fisico, quindi ho bisogno di adeguare il mio corpo a un’attività cardio molto importante. In questi due giorni mi sono allenato molto sulla corsa, per sviluppare il sistema cardiocircolatorio”. Perchè hai scelto il numero 15? “Perchè è stato il primo numero che ho avuto da bambino. Inoltre perchè posso difendere su chiunque, dalla posizione di "1" a quella di "5".
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