Canestro e fallo - Scusate il ritardo
La partita tra Fiat Torino e Pesaro vista da Francesco Bugnone nella sua consueta rubrica
L’unica volta in cui ho assistito a una partita dell’Auxilium iniziata è stato durante la seconda stagione con Pillastrini, contro Imola. Ero arrivato puntuale, intendiamoci, ma dolori tipo parto mi costrinsero a salire sugli spalti a metà del secondo quarto. Partita scontatissima, Esposito allenatore-giocatore, vittoria con largo margine e canestro sulla sirena di Zanotti, proveniente da un lungo stop, che ci fece sperare di poter puntare su di lui come arma in più nel finale di stagione. Non andò proprio così.
Stavolta, invece, complice l’anticipo delle 17 e il fatto di essere abbonato al Toro, mi tocca arrivare tardi e, dopo l’entusiasmante sconfitta interna contro la Roma, si punta ad arrivare al Ruffini a inizio secondo quarto. Non uso il Player di Eurosport nel tragitto, voglio la sorpresa, l’adrenalina di leggere il punteggio quando metterò piede a Palazzo, ecco, solo pochi metri, sento cantare, entro e…..17-30. Ma come 17-30? I cori di giubilo sono dei tifosi di Pesaro (tra cui, notazione, tecnica, una discreta bionda). Forse anche l’Auxilium è arrivata in ritardo.
Guadagno gli spalti, sperando di non incrociare lo sguardo di Sasha Vujacic, che potrebbe cazziarmi perché sono arrivato a gara in corso. “The Machine”, però, sa essere benevolo, evidentemente mi ha aspettato, visto che inizia il secondo quarto con due triple e grandi sbracciate ad accendere il pubblico. La rimonta contro una Vuelle mai doma può iniziare, con un quintetto proletario (prezioso il mattoncino dato da Mazzola in questa fase) e parecchie somiglianze con la partita con Andorra, tipo il canestro subito sulla sirena a fine secondo quarto su cui Banchi ha certamente recitato il Santo Rosario.
La rimonta continua, anche se quando arriviamo vicini vicini, Pesaro ha ancora forza e orgoglio per un allungare un po’. Poi, a un certo punto, arriva lui. Anche lui è, in un certo senso, in ritardo. Saranno i capelli raccolti, al posto del mega cespuglio rosso dell’anno precedente, sarà il nuovo ruolo, sarà il non essere entrato in forma subito, ma Deron Washington non è ancora stato il solito Deron Washington. Qualche lampo qua e là, alternato a qualche vaccatina, ok, ma l’uomo squadra della scorsa stagione non si era ancora palesato. E i due falli nel primo quarto, sembravano dover ritardare ancora il suo vero ritorno. Niente di più falso.
Probabilmente galvanizzato dal fatto che i miei genitori, il giorno prima, l’avessero beccato in centro con tanto di autografo portato a casa, Air Wash è tornato. Mazzate in difesa, recuperi, tiri da tre, volteggi in aria, rimbalzi. Sul 57-57, pareggio firmato proprio da Deron, quando Patterson porta palla, penso a uno scarico sull’esterno per una tripla. O a un passaggio a Mbakwe. Non lo vedo nemmeno partire, perché è coperto da due giocatori pesaresi. All’improvviso, letteralmente, vola. Col braccio per aria, tipo Superman. Mi sembra anche in un cono di luce, più giallo del giallo della sua canotta. La palla recapitatagli da Lamar non può che essere schiacciata per il primo vantaggio della serata. Mi cade la mascella. La seconda venuta di Washington è ufficiale.
Sorpassi e controsorpassi sono il preludio a un ultimo quarto in cui comandiamo nel punteggio e ogni volta che Pesaro fa capire che non molla, c’è un canestro volante di Garrett, ci sono le mani morbidissime di Mbakwe, la tenacia di Iannuzzi o Vujacic che ormai vede una vasca da bagno appesa al tabellone. Arrivano altri due punti e, alla fin fine, perdersi un quarto non è stato così male, calcolando che il parziale visto coi miei occhi è stato di 69-49. Oh, se porta bene, lo rifaccio.
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