Facciamoci un regalo
Quando la fine dell’anno si avvicina, siamo tutti portati a fare un bilancio dei 365 giorni che sono trascorsi lasciando più o meno il segno, anche se tra spese, parenti, lavoro e la corsa all’ultimo regalo viene facile chiedersi dove abbiamo sbagliato in questa vita e in quella precedente.
Non potendo dare una risposta universale, mi limiterò a scrivere un pensiero sulla prima parte di stagione di Torino in questo campionato di serie A2, indubbiamente non risolvendo quesiti esistenziali ma trattando almeno una passione comune.
Negli ultimi anni il tifoso torinese è stato emotivamente preso a schiaffi più volte, meno stabile di Twitter tra le mani di Elon Musk: ogni volto nuovo viene visto con la fiducia che si può riporre in un invito a cena da parte di Jeffrey Dahmer.
Si sono create tre categorie ben distinte di appassionati alla pallacanestro cittadina: i sognatori entusiasti, i disfattisti, gli arresi.
Al primo gruppo appartiene un ridotto, ridottissimo, numero di tifosi, coloro i quali sono talmente ossessionati da questo gioco che avrebbero accolto con il sorriso anche l’iscrizione al campionato armeno: tutto è meglio di niente, ogni vittoria è un passo verso la risalita e sono bellissime anche le gare di campionato il giovedì all’ora di pranzo.
La seconda categoria appartiene più intrinsecamente alla città di Torino e si esprime in diverse sfumature: abbiamo i nostalgici, quelli che nel bene e nel male era sempre tutto meglio prima, i delusi che ci provano anche a passare tra gli ottimisti ma alla prima sconfitta si abbattono e diventano più tristi dei cori al palazzetto durante le gare infrasettimanali, ed i pessimisti patologici secondo cui se qualcosa può andare storto sicuramente lo farà, possibilmente più volte, e con in sottofondo un coro di “ve l’avevo detto”: loro non saltano sul carro dei vincitori ma sventolano la bandiera degli sconfitti.
L’ultimo gruppo è un’evoluzione del secondo, tifosi talmente delusi dalla retrocessione e dalla gestione approssimativa e senza ambizioni degli anni precedenti che hanno deciso di appendere sciarpe e striscioni al chiodo.
Personalmente non mi sento di giudicare nessuno, ma ad oggi credo sia giunto il momento per tutti di aprire gli occhi su questa nuova realtà sportiva che stiamo vivendo: l’entusiasmo che si percepisce dall’inizio di questa stagione mancava da molto tempo, non so quanto lontano ci porterà, ma rende il percorso sicuramente più piacevole.
Il merito è senza dubbio di una società che si è messa in gioco e che ha voglia di riconquistare il suo pubblico, ma soprattutto del gruppo che si è creato quest’anno: giocatori, italiani e stranieri, che scendono in campo con umiltà, con il sorriso e con generosità, un allenatore di altissimo livello umano prima ancora che tecnico, aiutato da uno staff che lavora sodo senza mai tirarsi indietro.
Se a fine anno potessi rivivere alcune delle emozioni più belle di questo 2022, la gara vinta contro Cremona rientrerebbe indubbiamente nella mia personalissima top ten: la determinazione del quintetto, il supporto di chi non ha potuto giocare, la commozione del coach e di tutto il gruppo durante gli abbracci post gara resteranno a lungo impressi nella memoria di chi l’ha vissuta, in campo e sugli spalti.
Mi rivolgo quindi a tutte le categorie citate precedentemente: non è giusto accontentarsi delle briciole, puntiamo al meglio; non smettiamo di sognare per paura del risveglio e, cosa più importante, facciamoci un regalo e non abbandoniamo le nostre passioni.
Il presente si chiama Basket Torino, ha il valore di un allenatore eccezionale e di un gruppo pronto a tutto per rendere questa stagione soddisfacente, ma se è vero che è “l’amor che move il sole e l’altre stelle”, ciò che fa la differenza tra una gitarella fuori porta ed un viaggio memorabile è la passione di chi partecipa.
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