AMARCORD - Scott May trascina la Berloni a Brescia
Playoff 1986, quarti di finale. Torino contro Brescia, ovvero Berloni-Silverstone. Gara 1 vinta al Ruffini, gara 2 da disputarsi in terra lombarda. Vincerà la squadra di Guerrieri, già decimata dagli infortuni (Morandotti, Vecchiato…) ma con un cuore grande così. E una prestazione mostruosa di Scott May, che a Brescia aveva pure giocato. Stagione irripetibile in quanto a capacità tecniche e forza morale: solo Milano avrebbe avuto ragione (a fatica, ma tanta davvero) di quell’incredibile gruppo gialloblù.
Di seguito, l’articolo su Stampa Sera di Enrico Isnardi che introduceva a gara 2. E il tabellino del match: imperdibile.
Enrico Isnardi
Alla vittoriosa prima tappa con la Silverstone Brescia, per i quarti di finale dei playoff, la Berloni ha tratto due grossi motivi di soddisfazione e compiacimento, nonché un serio problema da risolvere definitivamente ed in via di urgenza. La soddisfazione è certamente legata (oltre che alla dimostrazione di «cuore» di tutta la squadra) alla prova di Croce e Pessina, davvero sorprendenti al fianco dei monumentali Bantom e May e di «tiramolla» Della Valle. I due giovani di Guerrieri che, sino ai playoff avevano conosciuto l'A1 essenzialmente dalla panchina, limitandosi a pochi minuti di presenza quasi sempre a risultato acquisito, si sono calati nell'atmosfera rovente di queste gare ad eliminazione diretta con la sicurezza dei veterani, incidendo in modo decisivo sul risultato finale. Entrambi hanno inevitabilmente pagato in difesa il doveroso tributo alla superiore stazza, all'agilità ed alla classe del nero Brown ma sono andati sorprendentemente a pareggiare il conto sotto il canestro dell'americano di Brescia, strappandogli in attacco preziosi rimbalzi e punti tutti d'oro, specialmente il diciassettenne Davide (Pessina), sempre elegantissimo nel movimenti quanto micidiale nelle conclusioni (sei centri su sette tentativi, quasi tutti effettuati nel momenti più caldi della partita). Il problema si chiama nuovamente (dopo gli acuti casalinghi contro la Cortan) Giampiero Savio, limitatosi, per quasi tutto il match con la Silverstone, a un oscuro lavoro difensivo e totalmente latitando all'attacco (proprio lui che avrebbe dovuto essere la nuova arma offensiva della Bertoni '85-'86), con non più di un paio di tiri fuori bersaglio in circa 30’. Non può giustificarlo, specie a questo punto del torneo, l'alibi dell'ancor non acquisita abitudine al clima della grande squadra ed alle responsabilità relative, visto che a Fabriano, ove era il numero uno, su di lui ricadeva il peso di tutte le conclusioni decisive delle partite; visto che, in maglia azzurra, agli ultimi Europei aveva già «assaggiato» il clima e la tensione dei grandi palcoscenici, contribuendo in modo decisivo alla conquista del bronzo; visto, infine, che giocatori di ben minori talento e caratura come i bresciani Lasi e Palumbo non si fanno certo pregare a prendere i rischi naturali (quanto doverosi) per un tiratore di razza (quale Savio sicuramente è). Evidentemente Della Valle, troppo spesso individualista, gli toglie spazio (non a caso, Savio ha disputato le migliori partite in assenza del compagno) ma Savio deve trovarsi più spesso in posizione di sparo e non avvilirsi al primo errore. Sul suo tiro, infatti, e sul suo più completo apporto la Berloni deve poter contare nella difficilissima trasferta bresciana di domani: la stanchezza potrebbe cominciare a pesare sulla sparuta schiera di superstiti di Guerrieri ed il ‘cannoncino’ di Savio potrebbe risultare decisivo per dar fiato e morale ai torinesi. La Berloni torna quindi a Brescia ove, nelle ultime giornate della ‘regular’, si giocò con una prestazione incolore molte delle chances di conquistare il terzo posto. Da allora però molte cose sono cambiate: oggi Torino è certo più motivata ed in forma ma anche a pezzi e Brescia, da sicura candidata all'A2, è divenuta la mina vagante del playoff, avendo affondato la Scavolini. Bantom e compagni dovranno fare un nuovo miracolo per imporsi in campo ostile; mentre ai locali potrebbe bastare l'assidua ricerca di Brown e Branson sotto canestro a fare la differenza.
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