Tentare è l'unica via per riuscire
È difficile ritrovarsi ogni domenica notte a ripensare ad una sconfitta: purtroppo è quello che succede se tifi Torino e non riesci a pensare che sia tutto un gioco, un passatempo. Quando tieni ad una squadra e questa continua a perdere ti incazzi tanto quanto gioisci quando le cose vanno bene: diciamo che quest'anno i momenti positivi sono stati ben pochi.
La partita con la Reyer Venezia era una di quelle su cui sarebbe valsa la pena scommettere un euro, su una vittoria della Fiat Torino nessuno o quasi ci sperava.
Tornati in mare i delfini presenti nell'ultima uscita casalinga, il pubblico era più emozionato per il ritorno a Torino di Deron Washington e Valerio Mazzola che di vedere giocare la squadra: il primo, in particolare, ha ricevuto la standing ovation di tutti quelli che ancora non si sono rassegnati all'idea di vederlo vestire altri colori, seduto nella tribuna di un altro palazzetto.
La prima metà di gara non aiuta a risollevare l'umore dei tifosi ancora inferociti per come si sia riusciti a perdere in casa di Pesaro la scorsa domenica: troppi palleggi, la palla che gira più lenta del traffico sul raccordo anulare e la rassegnazione di fronte ad un allenatore che può permettersi di tenere fuori Deron e di non far giocare Biligha vista la profondità e qualità del roster a sua disposizione.
Galbiati ha provato a destabilizzare gli avversari con Jaiteh incredibilmente in quintetto insieme a Portannese: incredibile non perchè questi non ne siano all'altezza ma perchè si era iniziato a pensare che i due si divertissero a rigare la macchina del coach e che forse per quel motivo fossero in punizione in panchina, vista la scelta tecnica inspiegabile.
Al rientro in campo dagli spogliatoi la squadra cambia volto e rimonta in un grande terzo quarto lo svantaggio, costringendo i lagunari a togliere il freno a mano e dando una piccola dimostrazione di cosa questa squadra potrebbe fare se riuscisse a capire le partite fin dai primi minuti e se avesse la costanza di mantenere un ritmo alto per tutti e 4 i quarti.
Dicevo, tutti cambiano volto, tranne Carr: lui è l'uomo imperturbabile, un ragazzo di 21 anni che non conosce la gioia o per lo meno il modo di esprimerla. Dall'inizio della stagione penso di averlo visto sorridere solo dall'imbarazzo, canticchiando in un video canzoni di Natale.
Evidentemente però il pubblico apprezza più il suo atteggiamento rispetto a quello del povero Mcadoo, che ha chiari limiti nell'uso delle sue mani sul campo ma che sa agitarle molto bene verso la curva e verso i compagni per incitarli: non capirò mai come si possa insultare indiscriminatamente un giocatore anche quando assume atteggiamenti positivi. A volte l'agonismo e la frustrazione di vedere sconfitta la propria squadra fa perdere di vista il fatto che quelli in campo siano uomini, non macchine, e che nessuno gioca per perdere.
La situazione, senza girarci troppo intorno, è drammatica: un ottimo ultimo quarto avrebbe potuto dare la scossa necessaria a ripartire in questo girone di ritorno con un altro approccio ma Venezia è stata cinica e ha utilizzato al meglio il talento dei propri giocatori per chiudere la partita, approfittando delle mancanze della difesa torinese.
La salvezza può arrivare soltanto unendo il duro lavoro con lo spirito di gruppo, e la stessa città dovrebbe essere compatta nel sostenere la squadra, come era successo 3 anni fa quando la retrocessione era ancora più vicina che ora, lasciando da parte il disfattismo che non porta mai a nulla di buono.
È naturale incazzarsi, è normale essere sfiduciati e frustrati, ma queste sono le stesse emozioni che provano i giocatori e Galbiati quando non chiude occhio dopo ogni partita persa, e bisognerebbe avere la sensibilità di capirlo.
Gli insulti sono spontanei e comprensibili ma non aiutano: se per ogni "vergognatevi" ci fosse anche un "possiamo farcela" ci guadagnerebbe l'ambiente ed anche il nostro fegato.
Si dice che bisogna cadere per imparare a rialzarsi e che tentare sia l'unica via per riuscire: Torino è piena di lividi, a terra sul fondo della classifica, ma non è morta. Tendiamole una mano.
Photo credits: Fotoracconti.it
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