Parla l'agente di Larry Brown: ecco cosa non ha funzionato.
Ieri Massimo Rizzo, agente di Larry Brown, ha rilasciato una lunga e interessante intervista a Simone Mazzola di Backdoorpodcast, parlando della reazione di Larry Brown al suo esonero e di cosa secondo lui non abbia funzionato tra la squadra e il coach americano.
Il coach, riferisce il suo agente, era da qualche settimana che stava soffrendo la situazione venutasi a creare: sconfitte, poco tempo per lavorare insieme e le continue voci di un taglio imminente. “Il suo cruccio è stato quello di non essere riuscito a trasmettere il suo credo in questi mesi. E se ne prende tutta la responsabilità”.
Larry Brown è sempre stato contento del trattamento della famiglia Forni e della loro fiducia anche nei momenti più difficili, riconoscendone la passione che ha permesso alla proprietà di portare la squadra in serie A, con una grande organizzazione e progetti anche sui settori giovanili.
Rizzo muove invece critiche agli assistenti del coach, colpevoli secondo lui di non aver seguito le esatte direttive date da Brown quando era in America, sia durante la preparazione ad agosto che in seguito.
“I problemi ci sono stati già questa estate. Il coach è arrivato a fine agosto. Lui ha dato determinate direttive che non so se sono state applicate o meno dal buon Paolino Galbiati. Quando il coach è arrivato a fine agosto lui ha iniziato a lavorare come se fosse il primo giorno. Ha dovuto ricominciare da zero anche se loro erano lì da due settimane. Poi è dovuto tornare negli Usa per 4 settimane. In quelle 4 settimane in cui coach Brown non c’era le cose non sono state fatte come voleva coach Brown ma come le stavano facendo prima dell’arrivo di coach Brown”.
I problemi nascono quindi dal poco tempo avuto a disposizione, che sarebbe potuto essere ancor meno se il coach avesse dato ascolto ai medici che volevano trattenerlo negli Stati Uniti per almeno un'altra settimana.
Larry Brown avrebbe voluto insegnare la sua pallacanestro ai giocatori e agli allenatori accorsi per osservare il suo metodo di lavoro ma si è scontrato contro la realtà: “La cosa che mi è dispiaciuta è che c’è stato una specie di rifiuto al trapianto, invece di aprire il cervello e cercare di vedere le cose con una mente aperta. La reazione è stata ‘Noi non le facciamo così le cose, non funziona’. Anche all’interno del suo stesso coaching staff”.
Le accuse sono rivolte principalmente ai giocatori più esperti, restii a detta di Rizzo a voler imparare dalla Leggenda ed esprimendo troppo spesso il loro punto di vista personale invece di tacere ed eseguire ciò che il coach diceva loro: "Se io ti pago per fare il giocatore tu fai il giocatore, se ti pago per fare l'allenatore tu dici al giocatore cosa deve fare. In NBA se il giocatore non lo fa o sta in panchina o fa le valigie e va da un'altra parte. Da noi non succede perchè i giocatori sono ultraprotetti, soprattutto gli italiani, perchè quelli sono e si prendono tutti gli abusi che si possono prendere con tutto e con tutti tanto non li puoi cacciare". "Questi giocatori, da quelli giovani a quelli anziani, dovrebbero essere orgogliosi di spaccarsi le ginocchia per Larry Brown”.
Il suo agente parla anche dell'ultima gara contro Avellino, sostenendo che nel primo quarto giocato alla maniera di Brown le cose stavano funzionando e di come poi la squadra abbia smesso di giocare: "Non voglio pensare che abbiano giocato contro l'allenatore" dice Rizzo, ma l'accusa appare abbastanza chiara, sostenendo che dei professionisti che hanno firmato un contratto sono tenuti a fare tutto ciò che il coach dice loro e che chi non avesse avuto voglia di giocare per il Santone americano avrebbe potuto dirlo e andare a giocare in A2.
Parlando poi dell'organizzazione societaria e del ruolo di Francesco Forni dice: “C’è un elemento mancante all’interno della società. Pensavo potesse essere Matteo Soragna ma non è stato lui”. “La gente si dimentica che i Forni hanno fatto degli sforzi incredibili per riportare l’Auxilium in vita. L’hanno riportata in Serie A. Hanno vinto una Coppa Italia, con molta fortuna ma l’hanno vinta. E per quanto abbiano fatto una marea di errori penso si debba loro dare credito per la passione e per tutti i soldi che hanno investito in questa squadra, dato che nessuno nasce imparato è chiaro che stanno imparando strada facendo. C’è un errore fondamentale all’interno della società ossia la mancanza di una persona che abbia un certo carisma, una certa abilità di comunicazione anche in più di una lingua, e che abbia la capacità di smussare tutti gli angoli che si creano in un ambiente di sportivo. Anche il buon Francesco, a cui voglio molto bene, un ragazzo con una passione spropositata, non so quanto lui abbia mai giocato a pallacanestro o a qualsiasi altro sport. Perchè dopo una partita di quel tipo l’ultima cosa che tu puoi fare è andare nello spogliatoio a parlare: dopo una sconfitta di quel tipo stai là, zitto e fermo e fai bollire gli spiriti, soprattutto dei giocatori. Quello è il momento peggiore per parlare perché non accadrà mai niente di buono. Se si devono scornare, devono farlo tra giocatori. Purtroppo sono cose che impari giocando o stando intorno ad una squadra tutta la tua vita, cosa che credo Francesco non abbia fatto. Armato della sua irruenza giovanile e della sua passione, credo magari anche per difendere Larry Brown, essendo lui stato uno dei più alti difensori del coach, non abbia fatto la cosa giusta da fare. Le società di pallacanestro devono essere gestite da persone di sport”.
L'agente sostiene che sia ancora troppo presto per poter esprimere lucidamente tutto ciò che non ha funzionato, senza lasciarsi trasportare dal nervosismo, ma tra tutti gli elementi sottolinea come l'atteggiamento di Jamil Wilson sia stato negativo, minacciando anche velatamente il giocatore americano: "A me è molto dispiaciuto l’atteggiamento che ha avuto Jamil Wilson sin dall’inizio. Non era tanto contro il coach ma aveva la faccia ed il body language di uno che là non ci voleva stare assolutamente. Mi è dispiaciuto molto perché Jamil Wilson si è dimenticato chi è Larry Brown e dato che forse è l’unico che ha talento per fare l’NBA tra quelli in squadra, ha fatto male i calcoli. Era il giocatore che avrebbe dovuto sbattersi più di tutti perché ti garantisco che la prima telefonata che parte dalla NBA per chiedere di Jamil Wilson arriva ad una persona che è conosciuta come “L.B.” (Larry Brown) nell’ambiente NBA. E lo segherà che non hai idea."
Facendo un sunto di questa lunga intervista, appare evidente che il procuratore di Larry Brown si sia voluto togliere parecchi sassolini delle scarpe, criticando duramente sia i viceallenatori, per non essere stati in grado di seguire alla lettera ciò che Brown chiedeva senza dare una loro impronta alla squadra, sia i giocatori italiani più esperti (chiaro riferimento a Marco Cusin che aveva rilasciato un'intervista al Corriere); dure critiche anche a Wilson che difficilmente troverebbe spazio in NBA se dovesse dipendere da Brown.
A livello societario Larry Brown ringrazia i Forni per l'opportunità che ha riacceso in lui la voglia di insegnare e che probabilmente lo porterà a cercare un contratto altrove nei mesi a venire, ma lui e il suo agente sottolineano l'inadeguatezza di Francesco Forni in un ruolo di così grande responsabilità, forse non supportato adeguatamente dalle moltissime persone che lavorano intorno alla squadra.
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